Per completezza rispetto ai molti che me lo chiedono, sì, alla fine ho accettato il dottorato, anzi, sapevo già che alla fine l’avrei fatto.
Il punto che mi preoccupa di più è il cambiare settore: per chi non lo sapesse, sono sul menù le neuroscienze computazionali. Il passaggio da fisica allo studio delle reti di neuroni è abbastanza comune, soprattutto dalla parte della teoria e della simulazione, e tutti i fisici neuroscienziati che ho conosciuto mi sono sembrati soddisfatti della scelta. Il mio futuro professore ha a sua volta una formazione da fisico. Ho solo un po’ paura che mi mancheranno certi meravigliosi aspetti della fisica, come la sua eleganza profonda e profondamente significativa. Recentemente mi sono accorto che la mia memoria mi tradisce già su molti dettagli della meccanica quantistica che un tempo conoscevo bene.
Bisogna dire che anche alla fine del liceo, anche se non ne potevo più, mi dispiaceva specializzarmi lasciando da parte tanti dei miei interessi, per esempio per la letteratura. Mi ricordo bene che fu la mia prof di greco e latino a dirmi di scegliere senza indugio un curriculum scientifico, per poi eventualmente coltivare l’interesse per le lettere per conto mio. E sono convinto, per inciso, che avesse ragione, e che il contrario non si possa fare (c’è bisogno di qualcuno che ti costringa, a memorizzare certe formulacce). Quando poi mi sono trovato sui banchi di università, la curiosità per tutte quelle materie nuove mi ha catturato immediatamente e ha cancellato le esitazioni. Conto che qualcosa di simile si applichi in questo caso.
Ci sono poi un gran numero di ragioni per scegliere di farlo: la più ovvia sono quattro anni di stipendio sicuro, che non fanno male in questo periodo, in cui sembra che un laureato possa solo disperarsi in un angolo (non mi sembra che sia così vero, dopotutto). Soldi che ti vengono dati perché tu possa studiare cose interessanti, cosa vuoi di più? Posso anche continuare a insegnare, che è una delle mie attività preferite, facendo tutorati. Si viaggia molto, con un fondo appositamente dedicato a visitare altre università, convegni, eccetera.
Il programma dottorale è un Erasmus Mundus finanziato dalla commissione europea e per il quale, fra l’altro c’erano pochi posti per molte domande. La maggior parte dei posti è riservata a studenti extracomunitari (molti brasiliani, indiani, statunitensi, iraniani), quindi c’è un bell’ambiente multiculturale. L’associazione degli studenti erasmus mundus è attiva in tutto il mondo. Il progetto sarà all’Università di Edimburgo ma prevede un minimo di sei mesi e un massimo di metà del periodo di studi da spendere in un’altra università, che sarà probabilmente Friburgo. Ho già visitato il dipartimento di Edimburgo ed è bellissimo:

Immagine rubata senza pietà da http://www.architecturetoday.co.uk, che aggiunge ” it has something of the early Californian Apple or Google atmosphere […]. The Californian connection is very real too, as a key justification for the building is to attract the finest brains, often from that state, but for half the salary.”
Insomma, ad agosto si vedrà. Nel frattempo sono a casa a fare poco o nulla, a parte qualche ripetizione. Intanto, sto preparando (con moooolta calma) il paper con i risultati della mia tesi, sulla quale dovrò prima o poi scrivere un post.