Vi scrivo dall’aeroporto del Cairo. Ringraziate gli egiziani, che offrono wi-fi gratis nell’area dei gate, a differenza di quei morti di fame di Malpensa. Prima di partire ho avuto bisogno urgente di internet per questioni di carta di credito ed ero già oltre il controllo passaporti. Ti fanno pagare venti centesimi al minuto con una connessione opportunamente rallentata in modo da farti spendere di più. Una truffa indegna. Comunque. Il volo è stato piacevole; non ne prendevo uno di linea da molti anni e la differenza rispetto ai low cost, anche all’Easyjet che mi piace, è enorme. Sembra di vivere nel lusso solo perché puoi chiedere un bicchiere d’acqua in qualsiasi momento. E naturalmente si vede il film, ti danno il pasto, il cuscino e la coperta eccetera. Un altro mondo.
Ne approfitto per ringraziare tutti per l’incoraggiamento che mi avete dato negli ultimi giorni. Mi hanno scritto amici da tutte le parti per supportarmi anche con parole al di là di quelle di circostanza. Devo dire però che l’incoraggiamento più grande mi è stato dato da un anziano ambulante senegalese che ho incontrato a Milano quando sono andato a fare il visto. Per ragioni ignote mi ha attaccato bottone in francese tentando di vendermi dei libri sull’Africa. Io ho risposto nel mio pessimo francese e questo ovviamente lo ha incoraggiato. Insomma è saltato fuori che stavo per andare in Tanzania e quello nemmeno ci credeva, ho dovuto fargli vedere il passaporto timbrato di fresco. Alla fine glel’ho comprato, il libro, ed era così entusiasta del fatto che andassi ad aiutare dei ragazzini africani che mi ha fatto pure lo sconto e non voleva più lasciarmi andare.
Di fianco a me mentre aspettavo l’imbarco c’era una coppia di signori anziani di Milano. La signora mi vede leggere Internazionale e mi dice subito “ah, anche io ho l’abbonamento, però in PDF, sai, in Africa non è comodo farselo arrivare di carta”. Arzilla, la signora. Il marito non parla quasi per niente ed è visibilmente cieco. Me li ritrovo a lato sull’aereo. Scopro che dagli anni settanta a questa parte vanno tutti gli anni in Kenya a dare una mano in un ambulatorio-deposito di medicinali. Quest’anno ci stanno tre mesi. Ripeto, lui è cieco. Alla faccia dell’arzillità. Anche loro sono un’ispirazione.
Adesso sono in attesa del volo insieme a un altro ragazzo italiano (che sta facendo la settimana enigmistica, anche a me è riuscito l’incrocio obbligato questa settimana) che va a Zanzibar da un amico a costruire un forno per la pizza e aprire una pizzeria. Abitava a Chicago fino a poche settimane fa. Ha abitato in Portogallo due anni, sempre facendo il pizzaiolo perché non ne poteva più di lavorare in banca. Mi ha già detto di essere stato in Birmania, Vietnam, Laos, alle Figi e non so più dove.
Traete voi le conclusioni.