Coscienza quantistica

In un suo recente post, Amedeo Balbi ha dato un eccellente riassunto di un problema a cui ho sempre pensato (forse da quando ho visto the Prestige): se “smonto” un cervello umano (o anche tutto il corpo) registrando atomo per atomo posizione e momento e lo rimonto in un altro luogo o in un’altra epoca, cosa succede alla coscienza a cui quel corpo appartiene? È un problema interessante perché evidenzia il paradosso a cui si arriva quando si cerca di conciliare (come a mio avviso si dovrebbe cercare di fare) il riduzionismo delle leggi fisiche con l’emergere della consapevolezza di sè. (Il problema mente-corpo).

Quando ho letto quel post, però, mi è subito scattato l’istinto del fisico. Sono certo che molti altri avranno pensato la stessa cosa, compreso Balbi, visto che ha messo in corsivo la frase “se tale configurazione [delle particelle del corpo di una persona] è perfettamente conoscibile e riproducibile”. Naturalmente parlo di cosa succede se “accendo” la meccanica quantistica.

Tutte le particelle che compongono il nostro cervello obbediscono in ultima analisi a leggi quantistiche. Tuttavia ci sono due possibilità: in un caso – che chiamerei ipotesi della mente classica – la MQ gestisce il moto di protoni, elettroni, neutroni e fotoni, ma i processi (noti o ignoti) che portano al fenomeno della mente e della coscienza giacciono a un livello superiore, per esempio supramolecolare, e possono essere descritti altrettanto bene con le leggi classiche. In un secondo caso, invece, le proprietà quantistiche della materia giocano un ruolo fondamentale per il funzionamento della mente, che è intrinsecamente quantistica.

Quale delle due ipotesi sia vera è naturalmente da verificare, e dubito che sarà una faccenda semplice. Se però ipotizziamo di essere nella seconda situazione, allora il teletrasporto dovrà inviare l’informazione sulle nostre “particelle” sottoforma di stato quantistico. Seguendo Balbi, modifichiamo la storia e immaginiamo che invece di distruggere il viaggiatore in partenza e ricostruirlo all’arrivo, l’informazione venga copiata lasciando intatto il passeggero, ottenendo due copie della stessa persona. Qui arriva la grande differenza del caso quantistico. Il teorema del no-cloning, infatti, impedisce copiare uno stato quantistico (procedimento indispensabile alla trasmissione) a meno di non distruggere lo stato originale. Quindi: teletrasporto sì, duplicazione no. In questo contesto non si pone più il problema di dove è finito l'”io” di partenza all’atto dello sdoppiamento, perché quest’ultimo è impossibile.

Naturalmente stiamo facendo della speculazione. Ma trovo tutto questo estremamente interessante, perché può offrire un collegamento diretto tra il problema della coscienza e gli aspetti più profondi della fisica dei quanti. Il pensiero che effettivamente tutto questo abbia anche solo una minima possibilità di essere vero mi fa venire la pelle d’oca.

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